A 4 anni dalla scadenza dei contratti collettivi NON ci accontentiamo, vogliamo salari degni, lo stop alla flessibilità e stabilizzazione
Il 2019 è stata la scadenza dei contratti collettivi di categoria, che dovrebbero regolare stipendi e diritti dell’intero settore. Sono 4 anni che qualsiasi discussione è ostaggio delle lamentele delle aziende, che continuano a diffondere dati su perdite e difficoltà, pur di peggiorare ulteriormente le condizioni lavorative. Eppure, in periodo Covid, con centri commerciali e supermercati presi d’assalto, le vendite contavano un +10.7%, oggi con guerra e inflazione, i guadagni sono aumentati del 9.6%, non ci sono più scuse, i contratti devono essere rinnovati nel rispetto della dignità dei lavoratori, gli unici che permettono alle aziende di fare profitti.
Non ci interessano 30 euro al mese, presentati dai sindacati come un primo successo, vogliamo aumenti contrattuali che tengano conto dell’inflazione in atto, con un vero controllo delle professionalità. Non possiamo essere assunti con il livello più basso, troppo spesso in somministrazione o a part time, per poi essere impiegati in tutte le mansioni, che richiedono anche formazione e specifiche sulla sicurezza.
Gli orari di lavoro devono essere depositati e almeno bisettimanali, in carenza di personale, vanno fatte assunzioni. Non si può vivere con cambi turni giornalieri, che per coprire tutte le mancanze, ci obbligano a vivere fuori dal negozi. Per orari che vanno dalle 4 alle 6 ore al giorno, siamo costretti a passare fuori casa 12 ore con spezzati che vanno dalle 10 alle 16 senza neanche il diritto ad un pasto normale.
Notiamo, purtroppo non con stupore, che non si parla di diritto al festivo e alle domeniche. Oggi, non è obbligatorio lavorare in nessun giorno festivo e solo alcune domeniche all’anno sono obbligatorie. Non accetteremo alcun passo indietro, anzi domeniche e festivi devono essere solo su base volontaria e fortemente maggiorati, così come in passato.
È finito il tempo della trattativa, troppo ci è stato già tolto.