Apprendiamo dalla stampa della vendita di cinque immobili commerciali da parte di Unicoop Tirreno, strutture che ospitano supermercati situati lungo la costa tirrenica in luoghi di grande afflusso turistico e di grande rilevanza commerciale: Forte dei Marmi, Venturina Terme, Orbetello, Castiglion della Pescaia e San Vincenzo, punti vendita storici della Cooperativa.
Questa cessione è solo l’ultima in ordine di tempo che vede l’attuale gruppo dirigente svendere valori e capitali senza che di questo siano informati i diretti interessati ossia i lavoratori ed i loro rappresentanti sindacali.
L’operazione è discutibile anche senza conoscerne i particolari: si vendono gli ultimi gioielli di famiglia per fare cassa, per aiutare un bilancio reso zoppicante dai tanti e troppi errori di gestione di questi anni.
Unicoop Tirreno vende ai francesi di Tikehau Capital e va in affitto, aggiusta il bilancio attuale permettendo probabilmente l’accesso ai bonus in busta paga con tanti zeri di direttori e staff di presidenza addossando sugli anni a venire affitti presumibilmente esorbitanti considerando i luoghi dove sono situati gli immobili, evidentemente senza lungimiranza alcuna.
Sui bonus non possiamo essere precisi perché la dirigenza si rifiuta di rendere consultabili gli emolumenti sia ordinari che straordinari.
Niente di male se di trattasse di una società di capitali il cui unico fine è il profitto.
Unicoop Tirreno però (attendiamo smentite qualora non corrispondesse al vero) è una SC che non significa Società di Capitale, ma Società Cooperativa e come rafforzativo è iscritta all’albo delle cooperative a mutualità prevalente (A100037), quelle in cui prevale la funzione sociale e che continuano a godere delle agevolazioni previste per la cooperazione; la differenza è evidente anche a chi mastica poco di finanza e si esprime in gergo italico.
Questa funzione sociale mal collima con progetti di sale & lease-back, con i lanci di azioni e obbligazioni, con la ricerca di liquidità ad ogni costo.
Ancor meno si concilia con il risparmio che invece viene sistematicamente perseguito sui costi del personale l’uso indiscriminato di contratti part time, di utilizzo di lavoro in somministrazione, stipendi non adeguati alle professionalità, flessibilità assoluta.
Non si stupisca quindi l’AD Canova (amministratore delegato di Cooperativa) del clamore che la notizia ha suscitato (articolo il tirreno 15/11).
Da troppo tempo siamo sconcertati e profondamente delusi da una gestione che guarda solo al presente e al profitto immediato (di pochi), che non pratica il rispetto verso i valori fondanti di Unicoop Tirreno oggi, la Proletaria ieri e di tutte le altre cooperative incorporate nel tempo.
Riteniamo che la “dimenticanza” di informare le organizzazioni sindacali di variazioni al piano industriale sia ascrivibile al consueto comportamento questi amministratori, in modo inquietante sempre più ispirati all’imprenditore Carcarlo Pravettoni, e che non rischiano un centesimo personale in questa ormai purtroppo azienda.
Le critiche costruttive portate negli incontri sindacali da persone da decenni impiegate in cooperativa sulla discutibile gestione commerciale riguardo ai prezzi troppo alti, alla qualità ultimamente spesso non in linea con i dettami di sempre, ai risparmi sulla manutenzione e sulla sicurezza, alla malagestione delle risorse umane, sono state sempre rispedite al mittente. E alle Pec rispondono con il silenzio.
Di cosa siamo preoccupati?
Che Unicoop Tirreno venga resa una scatola vuota, riempibile solo di debiti e di impegni di pagamento futuri in virtù di una probabile cessione o fusione.
Le voci di interventi di altre Cooperative sono sempre più frequenti e quando si accavallano in continuo difficilmente sono infondate: si ricorda il direttore Pozzessere quando ci scrisse la Pec che l’acquisizione di Aurelia Antica erano solo chiacchere e lui non discuteva sulle chiacchere? Qualche settimana dopo fu firmato il passaggio. Anche in quell’occasione, sempre citata dall’AD di Cooperativa Piero Canova sul medesimo articolo del 15/11 potemmo apprezzare la lealtà dello staff dirigente.
Riceviamo informazione che in alcuni negozi già sia in programma per gennaio il cambio dei registratori di cassa con altri già compatibili con i programmi di “altra Coop” e che le procedure contabili degli uffici della sede si stiano adeguando a quelli utilizzati sempre dalla stessa “altra Coop”.
Rumori che si estendono al magazzino di Vignale Riotorto, da anni terziarizzato, mal gestito, quasi al collasso che non possiamo non accostare all’ormai ex magazzino di Anagni. Intanto infatti le merci nei negozi del Lazio arrivano da un magazzino lontano centinaia di km e gestito da “altra Coop”.
Vogliono svendere Unicoop Tirreno? Temiamo di si e nel peggiore dei modi.
Ci siamo già attivati per chiedere alla dirigenza un incontro sindacale nazionale con carattere di urgenza, così come al Sindaco e anche ai rappresentanti politici della minoranza del Comune di Piombino (comune nel quale ha sede la Cooperativa) un’audizione al fine di porre attenzione al problema, richiesta che verrà estesa a tutti i territori.
Perché da Coop a Twiga è un attimo
La Rappresentanza Sindacale Aziendale COBAS in Unicoop Tirreno